Il brand con le tre strisce strutturò i prodotti ZX in due silos: uno destinato all’allenamento, l’altro alla competizione; i design furono poi suddivisi in modelli con codice colore, per differenziarli tra loro. Le scarpe avevano così una destinazione numerica ciascuno, a partire dalle ZX 500 e ZX 800 nel 1984 e 1986, per arrivare alle ZX 4000 e ZX 5000 alla fine degli anni Ottanta.

La serie ZX diventa un sinonimo di innovazione, soprattutto grazie alla tecnologia del sistema di ammortizzazione torsion, brevettato da adidas.

C’era un altro “mondo” poco avvezzo alle maratone e agli sport all’aria aperta, che iniziò  ad adottare le ZX come la propria “divisa”, per riconoscere e riconoscersi tra gli adepti, anche in mezzo alla folla. Erano i Raver di Manchester e Berlino, che trovarono in questo modello la comodità, i colori audaci e acidi vicini alla sottocultura dei rave che stavano cercando.

Come ha spiegato il Il Product Manager di adidas Consortium, George Griffin:

“Durante la seconda estate dell’amore (1988 e 1989) nel Regno Unito, si tenevano questi enormi rave nei magazzini del nord dell’Inghilterra e la gente voleva davvero delle scarpe che fossero comode per tutta la notte. Anche i colori [ZX] erano in sintonia con l’Acid House nel Regno Unito. Credo che quando si guarda alle ZX, si parla sempre di colori”.