Hip Hop: 50 anni di stile.

L’evoluzione della moda Hip Hop attraverso lo stile dei Rappers.

Scopri il secondo editoriale di “Hip Hop 50”, la nostra rubrica settimanale per festeggiare mezzo secolo del movimento culturale che ha cambiato la società.

L’Hip Hop ha attraversato diverse fasi, andate di pari passo con la moda.

Dalla fine degli anni ’70 e inizio anni ’80, i rappers celebravano i look afrofuturistici con tracksuit sgargianti; poi, nel corso degli anni, abbiamo assistito all’ascesa di look ispirati alla vita di strada, vestiti con giacche in doppiopetto e tessuto lucido: a metà tra i gangsters e i pimp.

Negli ultimi due decenni, i rappers hanno sfoggiato un look da skateboard e da basket, insomma, è innegabile che l’Hip Hop abbia decodificato e definito lo stile americano degli ultimi 50 anni, influenzando il costume contemporaneo.

Le origini: gli anni 70.

Afrika Bambaataa negli anni 70

Come abbiamo visto nell’editoriale precedente: “Hip Hop: 50 anni del Movimento che ha cambiato la Società.”

l’Hip Hop nasce nel 1973 a NY, in un’epoca in cui la cultura disco era dominate. In quartieri come il Bronx e Harlem, in cui vivevano immigrati caraibici e afroamericani, i giovani emulavano i ricchi dei quartieri dell’Upper NY, indossando i loro vestiti migliori durante i Block Party, le famose feste organizzate negli appartamenti.

Grandmaster Flash negli anni ’70

Lo stile dei primi artisti Hip Hop è fortemente influenzato dalla Discomusic – dalla quale attingono tracksuits e giacche dai colori metallici come le strobo, che mescolano a pezzi dai pattern tribali e dai colori sgargianti, per omaggiare le proprie origini africane.

Nasce lo stile Afro-futuristico

Rapper, dj, mc, b-boys e wrtiers come Afrika Bambaataa, Salt’n Papas e Grandmaster Flash hanno adottato questo stile per tutto il corso della loro carriera.

La finta ricchezza: gli anni ’80.

Con l’affermazione del movimento culturale dell’Hip Hop, lo stile diventa una questione identitaria: aiuta a differenziarsi da tutti coloro che non ascoltato il genere, e segue religiosamente il suo lifestyle.

I rapper degli inizi anni 80 non vogliono più confondersi con chi ascolta la discomusic; quindi via tessuti argentati da argonauti del futuro: viene introdotto un modello ispirazionale legato alla ricchezza, anche se gli artisti Hip Hop, così come chi popola il ghetto, sono ancora tutt’altro che ricchi.

Si insinua un nuovo modello da seguire: la ricchezza dei quartieri benestanti di NY.

Così, personaggi come Dapper Dan – un sarto di Harlem la cui idea vincente è quella interpretare alla “maniera di Harlem” pezzi delle collezioni di YSL, Gucci, Louis Vuitton, Fendi – diventa una figura chiave del periodo.

Dan mescola etichette di lusso con capi di streetwear: i suoi abiti sono così accattivanti che attraggono quasi tutti gli artisti Hip Hop dell’epoca, come LL Cool J a Big Daddy Kane, diventando lo stilista più richiesto di New York.

Se non si possono permettere di sfoggiare look costosi, i ragazzi dei quartieri popolari acquistano una giacca con il monogram di Louis Vuitton nella bottega sulla 125esima strada est ad Harlem.

Il sentimento di riscatto di chi segue l’Hip Hop è così potente che ogni mezzo è valido. Si diffondono tute da ginnastica, bomber, gioielli e sneakers, che diventano immediatamente sinonimo di cool.

La riconquista dello spazio urbano, della propria voce nel mondo, passa soprattutto dalla moda.

Nascono i primi gruppi musicali Hip Hop come i Run-DMC: i loro look ostentano una certa ricchezza, introducono le adidas Superstar indossati senza lacci, come omaggio ai fratelli detenuti che non sono riusciti a riscattarsi dalla delinquenza della strada.

Nasce la Bling Bling Culture e lo stile Hip Hop diventa uno statement.

Ostentazione del Lusso: gli anni ’90.

A questo punto, l’hip hop è un’industria musicale a tutti gli effetti con figure riconoscibili e artisti che vendono milioni di copie.

I Rapper sono i nuovi ricchi del quartiere e vogliono che tutti lo sappiamo: il loro look deve ostentare un lusso senza precedenti, mai visto né vissuto prima.

Pesanti catene d’oro, brand di lusso e Cadillac sono simboli di un’affermazione sociale necessaria, ostentata in modo massimalista per gridare al mondo: “ce l’abbiamo fatta”: personaggi come Notorious BIG, Eminem, Jay Z, Snoop Dog e Tupac indossano jersey delle loro squadre preferite dell’NBA, abbinate a pesanti collane d’oro, tempestate di Swarovski.

Inoltre, una certa estetica stile Gansters si insinua tra le file di alcuni sottogeneri rap: a Los Angeles nasce il Gangster Rap. Artisti come Eazy-E, uno dei capostipiti del genere, affermano uno status di lusso, potere e malaffari come spaccio e prostituzione. Lo stile Gang Rap si esprime attrvarso vestiti in doppio petto gessati, borsalini, mitra e gioielli.

Negli anni ’80, i Ragazzi dei quartieri popolari fingevano una certa ricchezza, indossando rifacimenti di brand lusso. Negli anni 90, la ricchezza è reale, ed è stata acquisita con ogni mezzo, legale ed illegale.

L’estetica Y2K: gli anni 2000.

Fanno il loro ingresso nel panorama Hip Hop, artisti come Kanye West, Missy Elliott, Kelly, Busta Rhymes che con il loro stile Y2K influenzeranno le tendenze e la moda contemporanea. Iniziano le collaborazioni tra i brand affermati e i rappers, come quella tra Kanye West e adidas.

La moda riconosce l’Hip Hop come fenomeno da cui attingere per creare le collezioni future: la scena, un tempo di nicchia, finisce dritta nel mercato mainstream. I rappers vendono più dischi degli artisti pop e collaborano con multinazionali, forse, un tempo oggetto di dissing.

Il nostro viaggio attraverso l’evoluzione dello stile Hip Hop finisce qui, segui il prossimo editoriale Hip Hop 50 su urbanjunglestore.com